Molto spesso mi capita di parlare, in convegni ed eventi formativi, di quanto anche giudici ed avvocati possano essere vittime di veri e propri bias cognitivi. Cioè, per intenderci, di distorsioni attuate nella valutazione di fatti, avvenimenti, persone. Problema che può alterare – gravemente – le decisioni.

E sono solito ricordare anche come un tale Kahneman (Nobel per l’Economia nel 2002) parli di ‘rumore’ (‘noise’). Cosa significa? Si tratta di un importante fattore che causa variabilità irrazionale nei giudizi umani. Dove c’è giudizio, sostiene, c’è anche rumore. Ad esempio, uno studio condotto su migliaia di sentenze di tribunali minorili americani ha riscontrato che, quando la squadra di football locale perde una partita nel fine settimana, il lunedì i giudici prendono decisioni più severe. Insomma, la ‘delusione’ sportiva della domenica inciderebbe, in maniera silenziosa, sulla decisione. Non è tecnicamente un ‘pregiudizio’ ma si tratta del frutto di ‘rumore’.

Poi, oltre a ‘rumore’ di vario tipo, esistono i bias cognitivi e addirittura i pregiudizi basati su stereotipi e bias.

Ne sono immuni i magistrati?

Trattandosi di esseri umani, no. E non ricevendo, lungo il percorso formativo, una adeguata preparazione anche su questi aspetti, risultano per di più sorpresi di fronte a riflessioni di questo tipo – che, cioè, mescolano il diritto, gli studi psico-sociali e le neuroscienze.

Oggi leggiamo di questo magistrato, pubblico ministero nell’inchiesta penale “Prisma” sulle plusvalenze Juventus, che – si scopre – tre anni fa avrebbe manifestato in un convegno niente meno che il suo ‘odio’ verso la squadra torinese, esaltando invece l’amore per il suo Napoli, ed altro ancora.

Perché ci meravigliamo che i magistrati manifestino passioni e limiti? Abbiamo forse sempre sovrastimato la loro capacità di essere ‘neutrali’, cioè indifferenti a tutto. Ma non è così, non può essere scientificamente così. E allora? Allora la soluzione non è certo nell’imporre il silenzio, sanzioni o un silenzio ipocrita. La soluzione sta nel cercare di formare adeguatamente chi deve poi trovarsi a valutare e a giudicare, facendo sì che possa essere sempre più indifferente al ‘rumore’ che ha intorno (e talvolta ‘dentro’). Solo così potremo anche noi limitare i ‘dubbi’ su chi (e come) giudica – dubbi che, a ben vedere, poi generano altro ‘rumore’ se non addirittura pregiudizio…

Un discorso indubbiamente complesso, che potreste proseguire leggendo questo mio articolo.

Qui, invece, se volete leggere dell’inchiesta Prisma, della Juventus e del PM che la odia…


Articolo visibile anche su: LinkedIn, Facebook, Retoricamente, Visiones.