Un paio di giorni fa mi sono ritrovato a guardare questo, quasi in trance, al punto da farne un breve video. Era in un cortile interno di un antico palazzo, di fianco alle sue scale interne. Non essendoci nulla di fianco, non ho subito pensato all’insegna di una “barberia”. Poi ho scoperto che in realtà la barberia c’era, al piano superiore. Ma non sapevo perché quell’insegna fosse proprio così, e allora…

La storia dei pali da barbieri (“barber pole”) iniziò nel 1163, durante il Concilio di Tours, quando Papa Alessandro III vietò ai religiosi di fare salassi, una pratica medica diffusa fino all’Ottocento consistente nel far defluire una certa quantità di sangue dalle vene di una persona. Da allora e fino alla nascita della chirurgia moderna furono i barbieri a offrire questo servizio, oltre a quello tuttora praticato di taglio di barba e capelli. Erano chiamati barbieri-chirurghi e si occupavano anche di estrazioni di denti, ricomposizioni di fratture e cure di piccole ferite. Il francese Ambroise Pare, che visse nel Cinquecento ed è considerato il padre della chirurgia moderna, cominciò la sua carriera come barbiere-chirurgo. Nel Regno Unito barbieri e chirurghi continuarono a far parte della stessa corporazione professionale fino al 1745.

Il palo da barbiere nacque come modo per segnalare questi servizi medici e non quelli relativi a barba e capelli: in origine il rosso simboleggiava il sangue, il bianco i bendaggi usati per fermare il flusso sanguigno e il palo in sé l’asta che i pazienti dovevano stringere per rendere le vene più visibili al barbiere. È un’invenzione britannica e quando si diffuse negli Stati Uniti venne aggiunto il blu: secondo alcune interpretazioni indicherebbe il colore delle vene, secondo altre sarebbe un modo per ricordare i colori della bandiera americana. Le versioni girevoli, quelle che conosciamo bene grazie a film e programmi televisivi americani, sono relativamente recenti: in passato c’era solo un semplice palo.

In Italia i pali non fanno così parte delle tradizioni dei barbieri, ma esistono da tanto e sono tornati di moda in anni recenti.

Così sono rimasto anche io al palo, a guardare.

n.b. l’espressione “restare al palo” deriva dal linguaggio dell’ippica e si riferisce al palo (un’asta bianca sovrapposta da un disco) che indica il punto di partenza (e d’arrivo).


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© Gianluca Sposito