Io non so se Fazio sia stato un buon investimento in termini economici, perché – per dirlo – dovrei conoscere adeguatamente i conti. E così, come me, tantissimi altri non possono farlo. E, per quanto possa ritenerlo un bravo professionista (questo sì, lo posso dire), non so se il suo rapporto con la Rai sia stato privilegiato rispetto ad altre situazioni, e in che forma.

Quello che però potremmo e dovremmo ammettere tutti è che discussioni di natura etica su cosa sia troppo o cosa sia giusto fanno fatica ad essere affrontate in questo sistema. È alquanto effimero pensare ad un servizio pubblico svincolato da ragioni di bilancio e di mercato, prescindendo dal vero problema alla base di tutto: l’indipendenza dal potere politico. Un potere che vuole – da sempre – governarlo a piacimento, individuando di volta in volta ciò che è ‘più’ e ciò che è ‘meno’ servizio pubblico, ciò che è ‘poco’, ‘molto’, o ‘troppo’.

Perché – finendo in tema di linguaggio e comunicazione – si tratta di concetti, tutti, caratterizzati dalla vaghezza e, dunque, di facile e pronta strumentalizzazione.

Fazio non è buono per tutte le stagioni? Ebbene, la vaghezza assolutamente sì.



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© Gianluca Sposito