In un’Italia che non ha memoria, mi piace ricordare. Ad esempio, l’espressione “la meglio gioventù” è molto usata ma senza conoscerne adeguatamente l’origine.

Quegli smemorati degli Italiani pensano, infatti, sia solo un film o, al più, una serie televisiva, e tirano in ballo il concetto in modo totalmente decontestualizzato da quello in cui nasce.

Ebbene, “La meglio gioventù” è anzitutto una raccolta di poesie in friulano di Pier Paolo Pasolini, pubblicata nel 1954.

Solo nel 2003 arriva il film (di Marco Tullio Giordana), che trae il nome dall’opera pasoliniana e, attraverso le vicende della famiglia romana e piccolo-borghese Carati, ne approfitta per raccontare la storia dell’Italia degli ultimi quarant’anni (1966-2003).

Attenzione, però, perché non finisce qui. Durante un’intervista del 2007 gli sceneggiatori del film (Rulli e Petraglia) hanno spiegato cosa si cela dietro il titolo: “La Meglio Gioventù non è solo il titolo d’una raccolta di poesie friulane di Pasolini, è anche una canzone tragica degli alpini che andavano a morire

in guerra (…). Nell’accezione tipicamente romana è anche un modo beffardo di definirsi i ‘migliori’, in fondo chi lo afferma è il primo a non esserne così convinto…” ha continuato lo sceneggiatore (…). L’elemento forte dei ‘baby boomers’ nati dopo la guerra sta nel fatto di voler restare giovani nella testa (…). “Jim Morrison dei Doors diceva: spero di morire prima di diventare vecchio. Questa generazione non ha mai detto ‘tutto ciò che è reale è razionale’, ma: tutto ciò che è reale non va bene e bisogna cambiarlo. Questo naturalmente comporta anche molti sbagli: solo chi sta fermo non sbaglia mai.”

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«Siamo stanchi di diventare giovani seri o contenti per forza, o criminali,

o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa

dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così senza sogni».

Pier Paolo Pasolini, “La meglio gioventù”, 1954



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© Gianluca Sposito