Ha suscitato un vespaio di polemiche l’articolo su la Repubblica di Alain Elkann (peraltro, padre dell’editore, John Elkann – Agnelli). 

“Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi”. Si intitola così l’articolo uscito ieri mattina sulle pagine culturali del quotidiano. Un racconto, in prima persona, sul treno Roma-Foggia, che vede il giornalista “vittima” di quelli che lui stesso definisce “lanzichenecchi”, cioè giovani un po’ chiassosi che, evidentemente, infastidiscono per qualche ora il noto giornalista (più noto come ex marito della figlia di Gianni Agnelli, e padre dell’erede uno, John Elkann, e dell’erede due, Lapo Elkann).

Il reportage (?), pubblicato a pagina 29, ha fatto saltare sulla sedia diversi giornalisti della testata, tanto che nel primo pomeriggio il comitato di redazione ha inviato una mail, a colleghe e colleghi, per prendere le distanze dai contenuti dello scritto. Nella nota si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, dissociandosi dai “contenuti classisti” contenuti nello scritto.

Nell’articolo Alain Elkann, che ha “un vestito di lino blu e una camicia leggera” (in contrapposizione ai giovani sul treno, che lui descrive con “t-shirt bianca e pantaloncini corti neri” e nessuno dei quali “porta l’orologio”) tira fuori dalla “cartella di cuoio marrone” la “mia penna stilografica”; ma anche i giornali (Financial Times, New York Times, ovviamente Repubblica) e la “Recherche du temps perdu” di Marcel Proust (per la cronaca: un meraviglioso mattone di oltre 2.000 pagine), di cui scrive alcune annotazioni. Chi è con lui nel vagone, invece, parla “di calcio, giocatori, partite, squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni“. Nessuno sembra prestargli attenzione e così “arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani ‘lanzichenecchi’ senza nome”.

Oltre ai colleghi di Elkann, hanno cominciato a prendere le distanze, ovviamente, anche molti politici, pronti ad imbarcarsi in quella che è apparsa come una succosa “lotta di classe”, anzitutto contro un milionario (n.b.: ex marito e padre di milionari) che, confondendosi con il volgo, ne raccoglie e stigmatizza tutte le brutture spiattellandole proditoriamente sul giornale di famiglia.

Va tuttavia segnalato che si trattava non di un vero e proprio reportage ma di una riflessione socio-culturale; un ‘pezzo’ che va a sé (collocato, infatti, nelle pagine culturali) e che Sgarbi (non senza qualche ragione, questa volta) ha definito di ‘letteratura’. 

Va osservato, ancora, che i ‘lanzichenecchi’ di cui parla Elkann erano con lui prima classe sul treno Italo (lanzichenecchi figli di lanzichenecchi benestanti, indubbiamente).

Va infine osservato che quanto descritto da Elkann è un quadro che potrebbe essere utilizzato anche per descrivere tanti padri e madri lanzichenecchi che infestano la società contemporanea: chiassosi, maleducati, dai dialoghi spicci e poveri, e via dicendo. E non solo poveri, ma spesso anche ricchi, molto ricchi.

Stigmatizzare tutto ciò, allargando però il fronte anche ai genitori dei ‘lanzichenecchi’, è ancora classismo? ‘Classista’ è chi difende con intransigenza gli interessi della classe cui appartiene. Bene, allora in questo caso anche io sono classista, perché difendo la cultura, l’educazione ed il rispetto verso il prossimo. Valori che mi appartengono e ai quali tutti dovremmo guardare, e che non sempre – sia chiaro – mancano nei poveri e abbondano nei ricchi.

Questa dovrebbe essere una vera “lotta di classe”, oggi. E l’invito è esteso a tutti.

Ca’ Dario, Venezia


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© Gianluca Sposito