Ieri l’INPS ha inviato a 169.000 famiglie un SMS per comunicare la sospensione del reddito di cittadinanza, a partire da agosto. Il testo del messaggio, però, pare aver creato qualche equivoco sulla sua interpretazione. Leggiamolo:

“Domanda di RDC sospesa come previsto dall’art. 13 del DL48/2023 conv. Legge 85/2023. In attesa eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali”.

Cos’è poi accaduto? Che molti dei destinatari hanno cominciato a contattare i locali servizi sociali. Anzi, stando a quanto riferito dal Presidente dell’Ordine degli assistenti sociali, “davanti a questi uffici si stanno ammassando persone che hanno ricevuto sul loro cellulare il messaggio nel quale leggono che il loro RdC è sospeso dal mese di agosto e che per poter mantenere il sussidio devono attivare il supporto per la formazione e il lavoro e che per ottenere il supporto devono essere presi in carico dai servizi sociali prima della scadenza del Rdc”. Per non parlare delle telefonate a INPS, uffici comunali, ecc.

Il messaggio è ambiguo? La comunicazione poteva essere più chiara?

Anzitutto: cos’ha voluto concretamente comunicare l’INPS? Dietro i formalismi e le possibili ambiguità testuali, il messaggio è sostanzialmente questo: “Fine reddito di cittadinanza disposta dalla legge. Si rivolga eventualmente ai servizi sociali”. Ora, potendo disporre, con l’SMS, di 160 caratteri e avendone usati 150, c’è da riflettere: potevano servire i residui 10 caratteri? Si poteva fare meglio? Era comunque necessario il riferimento, in quei termini, ai Servizi sociali?  Si poteva fare a meno di indicare, seppur sommariamente, i riferimenti normativi, utilizzando i caratteri per una comunicazione meno stringata? E, più in generale, si è trattato del mezzo più adeguato per una comunicazione di questo tipo?



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© Gianluca Sposito