La lingua, come sottolinea Noam Chomsky, è la proprietà nucleare che definisce gli esseri umani: siamo gli unici animali su questo pianeta ad avere questo dono. Ogni altro essere vivente ha sistemi più o meno raffinati per comunicare, ma nessuno possiede un codice così completo e così ricco di sfumature come il linguaggio umano.

E con il linguaggio siamo in grado anche di minacciare o ferire il prossimo, raggiungendo una fisicità impressionante. Ma, al di là di parole o espressioni inequivocabilmente offensive, quel che più deve preoccupare è l’uso di strumenti invisibili agli occhi dei meno esperti. Si tratta delle fallacie: l’equivalente, in campo verbale, delle illusioni ottiche. Ci fanno credere qualcosa che, a ben vedere, non c’è o non è corretto. E, molto spesso, sono violente e indice di aggressività e capacità manipolatoria.

Quante volte abbiamo sentito espressioni come: “O sei con me o sei contro di me”, “Sei fai così è perché non mi ami”, e simili. Tutte ci pongono di fronte ad una scelta, ad una dicotomia, quando – nella realtà, a ben guardare – non esiste solo quella scelta netta ma sfumature molto diverse. Ma chi domanda non vuole riflessioni e scelte ponderate: vuole polarizzare la nostra attenzione e, spesso, intimidire se non imporre. Vuole sottomissione.

Questa è, appunto, una fallacia: la fallacia della falsa dicotomia o anche del falso dilemma. È usata in moltissimi contesti e, ahimè, presente anche nelle chat di tante vittime di femminicidio. Perché, molto spesso, la prevaricazione e la violenza si manifestano preliminarmente attraverso elementi linguistico-retorici che sfuggono a molti.

Conoscere il linguaggio e la logica significa, spesso, anche potersi difendere.


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© Gianluca Sposito