Ho letto con molto interesse la bella intervista a Giobbe Covatta pubblicata oggi sul Corriere della Sera (a firma di Renato Franco), e sono stato subito assalito da un ricordo indelebile. Nel 1995 (o forse nel 1996?), poco prima di un suo spettacolo teatrale a Riccione, lo intervistai per un periodico romagnolo, peraltro assieme a quella che oggi è una giornalista di Repubblica – non che facessi questo di mestiere: ero uno studente universitario che però già si dilettava a leggere, scrivere e raccontare.

Quell’uomo mi colpì per alcune doti evidenti e preziose: la bravura, la disponibilità e la semplicità. Passò un’ora e mezza con due sconosciuti pseudo-giornalisti fino a ridosso dello spettacolo, con garbo, leggerezza, contenuti. A seguire, fu immenso e scoppiettante sul palco. 

Peccato non vederlo più, per sua scelta (come spiega anche nell’intervista), in televisione. Ironia e originalità che mancano.



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© Gianluca Sposito