“Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non voglio né governare né comandare nessuno. Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le cose più abiette.”

È solo l’inizio del discorso rivolto all’umanità che chiude “Il grande dittatore” (1940) – scritto, diretto, musicato, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin e riconosciuto da critica e pubblico come uno dei capolavori della storia del cinema.

Il film è la storia dello scambio di persona tra un umile barbiere ebreo e uno spietato tiranno (entrambi interpretati dal geniale autore). Ma non si può apprezzare la grandezza di questo film se si ignora che era stato concepito un anno prima del conflitto (1938) e se non si conoscono le pressioni che Chaplin subì da parte dai governi di mezzo mondo. Contro tutto e tutti, Chaplin realizzò uno dei più grandi capolavori pacifisti del cinema mondiale.

Chaplin impiegò mesi per scrivere il monologo finale. Nei suoi archivi sono state trovate solo poche note, datate novembre 1939 (il film uscì nel settembre 1940); tuttavia, alcuni documenti manoscritti sembrano stati scritti prima. Le parole chiave sono state certamente dettate alla segretaria il 5 giugno 1940 (come testimonia un foglio di appunti): ragione, felicità, gentilezza, dolcezza, umanità, bellezza, immaginazione, integrità, progresso, tolleranza, libertà, avventura, amore, scienza, democrazia.

A proposito del monologo di Chaplin, George Orwell – giornalista, scrittore e autore dei celebri “1984” (1949) e “La fattoria degli animali” (1945) – così ebbe a dire all’epoca dell’uscita del film: “Invece di arringare la folla come tutti si aspettano, Charlie pronuncia un appello potente e ostinato a favore della democrazia, della tolleranza e del buon senso”.

Ecco: buon senso. Quel bene prezioso che ancora oggi sembra mancare.

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© Gianluca Sposito