
Gradevole, certamente, con un bravo protagonista e una piacevole delicatezza di fondo. Ma l’obiettivo della serie Rai andata in onda questa settimana è stato indubbiamente solo quello di offrire il lato umano del celebre presentatore, e in qualche modo di farlo ‘rivalutare’ (in passato, non dimentichiamolo, fu oggetto anche di critiche beffarde).
Si è trattato di una scelta narrativa, e come tale da rispettare. Ma cosa si sarebbe potuto fare, in alternativa? Certamente realizzare una vera e propria serie da almeno 6 puntate, ponendo al centro Mike Bongiorno ma raccontando quasi 60 anni di storia della televisione italiana, da lui vissuti da protagonista. Si sarebbe partiti proprio da “Arrivi e partenze”, analizzando maggiormente la nascita, la riuscita, il fallimento, il successo, le critiche e tutto ciò che ha ruotato intorno ai programmi televisivi. Programmi che hanno anche rappresentato, di fatto, uno spaccato molto realistico della società italiana e della sua evoluzione.
Dalla Rai alla Fininvest, da Sanremo ai rapporti con la pubblicità e con Fiorello, saremmo praticamente potuti arrivare fino alla soglia dei nostri giorni. Sarebbe stato un percorso forse ciclopico, ma che ancora nessuno ha realizzato, almeno non in forma di narrazione.
Insomma, “Mike” è un prodotto interessante, ma un’occasione che si poteva sfruttare meglio. Forse lo si farà, un giorno, con Pippo Baudo?
***
“Mike” (regia di Giuseppe Bonito, 2024) è disponibile su RaiPlay.


No AI Text – Testo realizzato senza l’ausilio di Intelligenza Artificiale / AI text generator
Articolo visibile anche su: LinkedIn, Facebook
© Gianluca Sposito