La “casa spaventosa” (infestata, stregata o maledetta che sia) non è un’esclusiva del cinema, quanto – piuttosto, almeno inizialmente – della letteratura. È la letteratura, infatti, ad aver creato, nel corso dei secoli, un efficace corto circuito semantico e multisensoriale attraverso una contrapposizione. Infatti, una “casa spaventosa”, meglio ancora se “infestata”, suscita sgomento e angoscia in quanto si contrappone a quell’idea di “casa” come luogo sicuro, dove trovare riparo per sé e per i propri cari. E proprio in questa contrapposizione risiede l’elemento vincente individuato e sfruttato dalla letteratura e, poi, dal cinema dell’orrore: tramutare qualcosa che è percepito come sicuro e rassicurante – la “casa”, appunto – in qualcosa di subdolo e spaventoso.

Fin dall’antichità classica e biblico-cristiana sono esistiti dei luoghi ‘perturbanti’: luoghi in cui si manifesta il soprannaturale, che si tratti di quello religioso o di quello superstizioso, e che, come tali, sono circondati dall’aura del “mysterium” e dal brivido orrifico. La Bibbia descrive alcuni “haunted places” (luoghi infestati) che sono sede del divino e del demoniaco: per esempio Betel o “la casa di Dio”, in cui Giacobbe viene visitato dal sogno della scala che conduce al cielo, luogo “terribile” perché abitato dalla presenza divina (Genesi 28, 17). Di fatto, in tutta la tradizione classica il “locus horridus” è quasi automaticamente “locus suspectus”, responsabile di effetti perturbanti su chi vi si avvicina o anche solo ne sente parlare.

Nell’ambito di questa tradizione è certamente possibile trovare case sinistre ben prima che nasca un genere – il fantastico – deputato alla rappresentazione del ‘sinistro’ in letteratura. Pensiamo alla commedia di Plauto (III-II sec. a.C.) “La casa del fantasma” o “Mostellaria”, in cui compare una finta “maison hantée” (casa infestata), trucco architettato dal figlio spendaccione per nascondere la propria prodigalità al padre tornato da un lungo viaggio; o alla dimora inquietante descritta da Plinio il Giovane (I-II sec. d.C.) in una sua famosa lettera, spesso citata dagli specialisti del fantastico come archetipo remoto del genere.

Insomma, il topos letterario delle case infestate, quantomeno nella letteratura occidentale, è più antico di quanto potremmo pensare, e fa già la sua comparsa nei poemi epici di Omero (VIII-VII a.C.) e di Virgilio (70-19 a.C.), per poi riaffermarsi soprattutto nel Medioevo e diventare iconico qualche secolo dopo, all’interno del Macbeth di William Shakespeare (1564-1616), passando anche per la Spagna e il Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes (1546-1616) – opera nella quale è addirittura un’osteria a trasformarsi in una casa stregata.

Come si arriva al cinema?

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