Tra 4 giorni non sarà più disponibile su Amazon Prime. E allora parliamone, perché chi non l’avesse mai visto deve assolutamente vederlo.

“Un uomo da marciapiede” (di John Schlesinger, 1969) fu un film che – nel cinema di quell’epoca – segnò uno stacco impressionante per la storia rappresentata, molto diversa da quelle ben più popolari, semplici e castigate di quei tempi: c’erano scene di sesso e di nudo, si parlava di prostituzione (maschile, per giunta) e di omosessualità in un contesto in cui questi temi pubblicamente non esistevano. E anche perché i protagonisti erano, entrambi a modo loro, quasi sgradevoli, eppure capaci di creare empatia. 

Jon Voight è Joe Buck: un texano biondo, ingenuo e trafficone, che si trasferisce a New York per prostituirsi, convinto di trovare un facile Eldorado grazie al proprio fisico prestante. Dustin Hoffman, già famoso per “Il laureato” (1967), è invece il poco di buono, storpio e acciaccato Rico (ma anche Rizzo o Sozzo), in Italia doppiato per la prima volta dal mitico Ferruccio Amendola.

Il film si fece apprezzare e ricordare anche per la colonna sonora composta da John Barry, ma ancora di più per la canzone “Everybody’s talkin’”, scritta da Fred Neil e cantata da Harry Nilsson (sono certo che la stiate già canticchiando).

Contro molti pronostici e validi concorrenti, “Un uomo da marciapiede” vinse tre Oscar: per il miglior film, la miglior regia e la miglior sceneggiatura originale (con dialoghi davvero straordinari, per l’epoca). Fu il primo film vietato ai minori di 17 anni a vincere l’Oscar e fu anche il primo a farlo con un film che parlava in quel modo di prostituzione e omosessualità. 



No AI Text – Testo realizzato senza l’ausilio di Intelligenza Artificiale / AI text generator


Articolo visibile anche su: LinkedIn, Facebook, Retoricamente, Visiones


© Gianluca Sposito