Tutti abbiamo in mente solo il grandissimo Alberto Sordi che interpreta il Dottor Guido Tersilli nel film del 1968 diretto da Luigi Zampa. Eppure, dovremmo anche ricordare che quel film fu ispirato dall’omonimo romanzo di Giuseppe D’Agata (1927-2011), pubblicato nel 1964. Il suo romanzo satirico sulla professione medica tradita dall’ambizione e dall’avidità ottenne un clamoroso successo e suscitò accese polemiche, che impedirono al suo autore bolognese di fare serenamente il medico mentre il successo letterario lo incoraggerà a fare solo lo scrittore (a Roma, per il grande e il piccolo schermo).

Il cinema si interessò subito alla possibilità di farne un film. Ma sarà proprio Sordi a cercare in ogni modo di realizzarlo, riuscendo a strappare i diritti a Cecchi Gori, beccandosi il rifiuto di co-produrlo da Dino De Laurentiis, e finendo col produrlo indirettamente lui stesso (attraverso la Euro International e la Explorer Film ’58).

Perché tutte queste difficoltà? L’idea faceva paura non solo per l’ambientazione poco attraente (ospedali, studi medici, appartamentucci piccolo-borghesi) ma anche per le possibili proteste che, dopo il libro, pure la pellicola avrebbe certamente incontrato.

È lo stesso Sordi a raccontare cosa gli disse proprio De Laurentiis: “-Se proprio vuoi un consiglio, medici, casse da morto e funerali lasciali perdere-, mi rispose toccandosi le parti basse” (in “Storia di un commediante”, a cura di Maria A. Schiavina).

Ma Sordi ci crede. Prende come regista Luigi Zampa – dotato del giusto piglio polemico e di passione civile -, realizzando assieme a lui e a Sergio Amidei la sceneggiatura.

Insieme ad Amidei, Zampa torna a metodi neorealistici facendo un’inchiesta ulteriore sulla sanità italiana, raccogliendo di prima mano spunti ed episodi che finiranno poi dentro il film. Lo stesso Sordi ricorderà che alcuni medici permisero loro di nascondere dei registratori all’interno degli ambulatori, per registrare in diretta lo sfacelo del sistema; un metodo giornalistico che dopo l’uscita del film contribuirà a spuntare i dardi dei detrattori.

Sordi ebbe ragione su tutto, e fu giustamente premiato anche da pubblico e critica: il film fu il secondo incasso della stagione 1968-1969 (con oltre 3 miliardi di vecchie lire) e un indiscusso capolavoro di satira.

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