“Eh va beh, hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza… Quello è! Non sei un terrorista, voglio dire… Devi farti forza. Non sei l’unico… Ci sono stati parecchi altri… Però ti devi laureare.”

E poi, ancora: “Ci sono altri 200 femminicidi! Poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale. Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti”.

Sono alcune delle frasi pronunciate da Nicola Turetta, padre di Filippo, durante il primo colloquio con il figlio nel carcere a Verona, lo scorso 3 dicembre. Una conversazione intercettata dagli investigatori e pubblicata ora da un settimanale, a due mesi dall’inizio del processo (23 settembre).

Ricordiamo che Filippo Turetta è reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, realizzato con 75 non casuali coltellate l’11 novembre 2023. Ricordiamo, poi, che ha nascosto il corpo in un dirupo ed è fuggito in Germania, dove è stato arrestato.

Ricordiamo, infine, che le parole sono importanti. Da avvocato sottolineo che la difesa di Turetta, come di chiunque altro sia posto di fronte alle proprie responsabilità davanti alla giustizia terrena, è fuori discussione. Ma da uomo, padre e studioso delle parole credo che quelle pronunciate dal genitore di Turetta siano davvero discutibili e meritevoli di condanna senza bisogno di alcun processo.


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© Gianluca Sposito