Stiamo pronti ad accogliere l’ennesima inversione ad U della giustizia italiana: Olindo e Rosa potrebbero non essere i mostri della strage di Erba.

Condannati all’ergastolo per l’uccisione di Raffaella Castagna, del figlio Youssef Marzouk di soli 2 anni e della nonna del bimbo, sono “vittime probabilmente di un errore giudiziario”. Così emerge dalla richiesta (di 58 pagine) di revisione del processo depositata dal procuratore generale di Milano Tarfusser.

Pagine che, secondo quanto si legge, mettono in discussione alle radici tutto l’impianto accusatorio ritenuto invece intangibile nei precedenti gradi di giudizio.

Tra i tanti, mi colpiscono tre elementi. Procedendo molto in sintesi, anzitutto le confessioni di Olindo Romano e Rosa Bazzi sarebbero “false” (c.d. false confessioni acquiescenti), perché maturate in “un contesto che definire ‘malato’ è fare esercizio di eufemismo”. Poi, la valutazione delle parole utilizzate dal teste principale, parole che non sarebbero attendibili perché frutto di una evidente disfunzione cognitiva che lo affliggeva dopo essere sopravvissuto alla strage. Infine, il “mancato perseguimento anche di altre piste investigative”.

D’accordo, ne potrò parlare nelle mie lezioni in giro su linguaggio, fallacie argomentative e bias cognitivi di chi deve indagare e giudicare, e sulle gravissime conseguenze che tutto questo produce nella giustizia italiana. Ma come si fa con tutti i tomi di analisi criminologiche che confermavano le ‘certezze’ degli inquirenti e dei giudicanti di allora?

Ah, dimenticavo: se fosse davvero così, bisognerebbe poi far uscire dal carcere quei due, dopo 17 anni di ingiusta detenzione…


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© Gianluca Sposito