
L’ultimo giorno dell’anno è un momento sospeso, un confine simbolico tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere. Questo limbo temporale, carico di attese, speranze e bilanci, ha spesso affascinato la letteratura e, di conseguenza, il cinema, che ha saputo trasformare la notte di Capodanno in un palcoscenico per storie straordinarie. Non si tratta solo di celebrazioni e fuochi d’artificio, ma di esistenze in bilico, risvegli improvvisi e intrecci sorprendenti, tutti scanditi dallo scoccare della mezzanotte.
Un classico del cinema italiano è “Il viaggio di Capodanno”, episodio contenuto in “I mostri” (1963) di Dino Risi, una delle più celebri commedie all’italiana. Ispirato alla realtà sociale del tempo e alla vena critica di Risi, il film racconta con cinismo e ironia la superficialità e il vuoto di certe celebrazioni, svelando come la notte di San Silvestro possa trasformarsi in un’occasione di alienazione, più che di unione.
Il cinema italiano ci regala anche “L’ultimo Capodanno” (1998), diretto da Marco Risi e tratto dal racconto di Niccolò Ammaniti (Fango, 1996). Ambientato in un condominio romano durante la notte di San Silvestro, il film intreccia le vite di personaggi grotteschi e disperati, trasformando il Capodanno in un teatro di caos, rivelazioni e tragedie. La pellicola, sospesa tra cinismo e critica sociale, mostra come le festività possano amplificare il vuoto e le contraddizioni della vita.
Più recente ma altrettanto incisivo è “Il grande Gatsby” (2013) di Baz Luhrmann, ispirato al romanzo di F. Scott Fitzgerald (1925). La notte di Capodanno, con il suo sfarzo e la sua promessa di nuovi inizi, diventa un’ulteriore maschera per i personaggi, incapaci di sfuggire al vuoto della loro esistenza. Fitzgerald, attraverso Gatsby, ci insegna che il tempo, simbolicamente sospeso nella notte più lunga dell’anno, non può cancellare il passato, ma può renderci ancora più consapevoli delle nostre illusioni.
Capodanno diventa lo scenario perfetto anche in “Quando la notte” (2011), tratto dall’omonimo romanzo di Cristina Comencini (2009). La montagna innevata e solitaria, dove si svolge la storia, rappresenta la distanza e l’isolamento di due personaggi che si ritrovano in un confronto emotivo intenso proprio nell’ultimo giorno dell’anno. Il Capodanno, qui, è una resa dei conti con sé stessi e con gli altri, lontano da festeggiamenti e distrazioni.
Non possiamo dimenticare “L’età dell’innocenza” (1993) di Martin Scorsese, adattamento del capolavoro di Edith Wharton (1920). In una delle scene più emblematiche, la notte di Capodanno diventa un momento chiave per le scelte del protagonista Newland Archer (Daniel Day-Lewis), sospeso tra la vita che deve condurre e quella che desidererebbe. Wharton, attraverso Scorsese, cattura perfettamente la malinconia del tempo che scorre inesorabile e delle occasioni perdute.
Profondo e delicato, “Non buttiamoci giù” (2014), tratto dal romanzo di Nick Hornby (A Long Way Down, 2005), racconta la storia di quattro sconosciuti che si incontrano su un tetto la notte di Capodanno, tutti con l’intento di farla finita. Questo incontro casuale porterà i protagonisti a stringere un’improbabile alleanza e a riscoprire, insieme, nuovi motivi per affrontare la vita. Il Capodanno, qui, diventa il simbolo di un nuovo inizio possibile, in un equilibrio tra disperazione e speranza.
Infine, una menzione particolare va a “La ronda di notte” (2007), tratto dal romanzo di Patrick Modiano (1969). Qui, la notte di Capodanno è un simbolo di incertezza e smarrimento, dove passato e presente si intrecciano senza tregua. Il film, come il libro, esplora il vuoto dell’identità e la perdita del senso di appartenenza, temi amplificati dall’atmosfera sospesa di fine anno.
Questi film, tratti da opere letterarie, raccontano il Capodanno come molto più di una semplice festa: è un momento di bilanci, scelte e trasformazioni. La letteratura e il cinema ci ricordano che, quando le lancette si avvicinano alla mezzanotte, ciò che conta non è solo ciò che verrà, ma ciò che abbiamo capito del nostro passato e del presente. Perché l’ultimo giorno dell’anno, in fondo, è solo un confine simbolico, dove la vita si mostra in tutta la sua vulnerabilità e la sua bellezza.
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Testo di © Gianluca Sposito. Tutti i diritti riservati.
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