Oggi mi sono svegliato con un ricordo ”social”. È un ricordo legato ad un commento fatto ad un post pubblicitario di un mio libro sulla comunicazione. L’utente interveniva sostenendo che lo aveva deluso il fatto che il volume non offrisse niente di “pronto all’uso”. Cioè del tipo: “dici così, e stupirai tutti!”.

Da quel giorno, l’espressione “pronto all’uso” mi fa sempre sorridere. La associo inevitabilmente ai sughi pronti, quelli che si possono comprare nei supermercati perché non si sa cucinare o non si ha davvero tempo di imbastire qualcosa.

Non c’è niente da fare: le persone pensano di poter accelerare qualunque percorso. Vuoi che sia una fila, vuoi che sia il successo o l’efficacia della propria comunicazione. E allora chiedono: sì, ma non mi far leggere tutto il libro, dimmi qualcosa che posso usare subito – e sempre – per essere efficace! Sai, non ho tempo di capire, di studiare, di pensare… E via, così, a cercare continuamente l’effetto “WOW!”. Dietro, il vuoto pneumatico.

Io non amo i sughi pronti, preferisco cucinare. Analogamente, nella comunicazione non amo ciò che è “pronto all’uso” perché la prima caratteristica di un bravo comunicatore è sapersi adattare al tema, al contesto e al pubblico, sulla base di apprendimento ed esercizio. Anzi, direi proprio che non esistono “sughi pronti”: non possono esistere riti o cliché da adoperare sempre, perché standardizzano e banalizzano qualunque espressione comunicativa.

Diffidate dei sughi pronti.


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