C’è una notizia che, da ieri, si sta diffondendo: Marta Fascina, la quasi-moglie di Silvio Berlusconi, starebbe cercando su Milano una casa con bunker antiatomico. E avrebbe già predisposto una lista di persone da portare con sé.

 

La notizia è stata diffusa dal giornalista Francesco Olivo del quotidiano La Stampa. Si riferisce anche che Fascina, nel parlare con diversi interlocutori, avrebbe manifestato in più occasioni di temere uno scenario nucleare ormai vicino e, in particolare, un attacco nucleare sull’Inghilterra. Da qui, la ricerca di una soluzione “chiavi in mano” (per costruire un bunker nuovo ci vogliono almeno un paio di mesi) per sopravvivere alle immediate conseguenze di un evento simile, con annessa lista degli invitati (fortunati).

Se fosse tutto vero, sconcerterebbe la tempistica – appunto: cercare un bunker già pronto significherebbe avere sensazioni o informazioni che danno per certa e vicina questa drammatica piega del conflitto. E i contatti tra i signori di Arcore e la Russia potrebbero non essere di seconda mano.

Ma io non voglio rievocare il film 2012 e la fuga sulle arche dei miliardari, né parlare di filo-russi o di filo-ucraini. Voglio piuttosto chiedermi: un bunker antiatomico salva da cosa? Siamo certi che il ‘dopo’ non sia pure peggio?

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Nella foto: Seiichiro Nishimoto, amministratore delegato dell’azienda giapponese Shelter Co.’s, che costruisce rifugi antiatomici nei seminterrati delle abitazioni. Qui è ritratto nel bunker che ha fatto costruire sotto casa sua e che ha scelto di arredare come un’isola tropicale (© 2017 Kim Kyung-Hoon, Reuters).


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© Gianluca Sposito