Se vi dico “La musica è finita” o “Una ragione di più”, o vi canticchio “Minuetto” o “Un grande amore e niente più”, chi vi faccio venire in mente? Ornella Vanoni, Mia Martini, Peppino di Capri?

L’unico nome che lega tutto è Franco Califano, artista che ci lasciava dieci anni fa e che ha saputo scrivere testi meravigliosi. 

Il problema è limitarsi a quei testi, senza confonderli con la sua biografia, senza ricordarsi sempre delle sue debolezze (droga e sesso) e delle sue disavventure giudiziarie (comunque sempre finite con assoluzioni con formula piena).

Un testo, come del resto un gesto atletico, dovrebbe essere considerato per quel che è, senza confusioni. Altrimenti dovremmo cancellare nomi su nomi, rinunciando a molto della storia dell’umanità.

Così come non possiamo, certo, esaltare l’autore di un testo (o di un gesto atletico, e via dicendo) fino a strapparlo al suo contesto, dimenticandoci a tutti i costi che è forse decisamente perdente in altri.

Limitiamoci a godere di quel che il genio umano ha prodotto e produce, senza necessariamente cercare continuamente campioni e modelli polivalenti.

Tutto il resto è noia.


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© Gianluca Sposito