Ho trovato davvero interessante e piacevole il film, scritto e diretto da Saverio Costanzo, “Finalmente l’alba” (2023). La storia ruota intorno al cinema del dopoguerra, ad un’Italia alla febbrile ricerca dalla ricostruzione anche di sé e ad un drammatico un fatto di cronaca al quale ho dedicato il capitolo di un libro: l’omicidio Montesi.

Sabato 11 aprile 1953, vigilia di Pasqua. Sulla spiaggia di Torvajanica in località Capocotta, una zona balneare non distante da Roma, viene ritrovato il cadavere della ventunenne Wilma Montesi. Il corpo non presenta segni di violenza ed è completamente vestito (fatta eccezione per reggicalze, calze e scarpe). Le cause della morte non sono chiare: l’autopsia parla, genericamente, di una sincope dovuta ad un pediluvio. Ma i giornali cavalcano l’onde delle infinite possibilità della fantasia e delle ‘voci’ che girano incontrollate: Wilma Montesi sarebbe morta forse per overdose di droga o per un semplice malore, ma durante un’orgia in una villa del marchese Ugo Montagna. Orgia alla quale avrebbe preso parte il musicista Piero Piccioni: si tratta del figlio di un importante notabile democristiano, il già ministro degli Esteri Attilio Piccioni, destinato ad ereditare da Alcide De Gasperi la leadership della Democrazia Cristiana (all’epoca il più importante partito di governo).

Il caso della morte della povera Wilma a questo punto esplode anche sulla stampa, e diventa – prima che giudiziario – politico: dietro la morte della ragazza si scatena la più grande faida mediatico-politica per la conquista del potere interno alla DC.


Attilio Piccioni sarà processato e poi assolto, il padre dovrà nel frattempo dimettersi, circoleranno memoriali e testimoni che impavidamente racconteranno incredibili bugie prezzolate a rotocalchi e a giudici. Che poi chiuderanno tutto, quattro anni dopo che la vita di tante persone era già stata distrutta dal ‘gossip’ e dal ‘pregiudizio’, veri trionfatori. 

E della povera Wilma Montesi non importerà mai niente a nessuno, né prima né dopo.

Il film ruota attorno a quello che è, appunto, uno dei più celebri casi di cronaca nera, politica e giudiziaria della storia del nostro Paese. Ne prende spunto per descrivere, per simboli e sintesi, la società di allora, l’ambiente artistico, il costume. È a tratti onirico e suggestivo. Da vedere.

Disponibile in streaming su Sky.

***

Se ti interessa capire come stereotipi e pregiudizi condizionato vite e processi:

“Prima di giudicare. Stereotipi e pregiudizi in dieci grandi processi” di Gianluca Sposito, Intra, 2020

https://www.amazon.it/dp/B08N3X64TC


No AI Text – Testo realizzato senza l’ausilio di Intelligenza Artificiale / AI text generator


Articolo visibile anche su: LinkedIn, Facebook, Retoricamente, Visiones


© Gianluca Sposito