Secondo voi oggi sarebbe possibile, in un film, dare del ‘pachiderma’ ad un rappresentante di Governo? Negli anni ’50 del secolo scorso un film di Totò, con un giovanissimo Alberto Sordi, fu oggetto di una censura che è ancora oggi evidentissima nel doppiaggio di una scena. Vediamo quale.
“Totò e i re di Roma” (regia di Mario Monicelli, 1952) fu l’unico film in cui Totò e Sordi recitarono insieme. La pellicola – ispirata a due celebri racconti di Cechov (“La morte di un impiegato” ed “Esami di promozione”, fusi in un’unica vicenda – fu sottoposta alla ferma azione della censura (che all’epoca esisteva ancora, eccome, con apposita Commissione) a partire dal titolo che, originariamente, avrebbe dovuto essere “E poi dice che uno…” con chiaro riferimento alla celebre battuta di Totò, ripetuta anche nel film, “e poi dice che uno si butta a sinistra”: un titolo che nell’Italia democristiana di allora era inaccettabile.
Altri tagli riguardarono il finale e, in particolare, una scena del celebre esame a cui si sottopone l’archivista capo Ercole Pappalardo (Totò) che, per non essere licenziato, deve assolutamente prendere la licenza elementare (nonostante un’età non più giovanissima, una moglie e cinque figlie a carico). La censura riguardò la risposta che Totò diede alla domanda del petulante e cinico maestro Palocco, interpretato da Sordi, che chiedeva insistentemente il nome di un pachiderma. Nel film si sente un Totò doppiato rispondere convintamente, mal interpretando il suggerimento di un altro maestro che mima le orecchie d’elefante, il nome di Bartali. In realtà non fu questa la vera risposta: lo si intuisce sia dalla voce (di doppiatore) sia dal labiale. Il nome pronunciato da Totò era quello del democristiano De Gasperi, allora Presidente del Consiglio noto per non avere delle orecchie proprio piccole. A conferma di ciò c’è anche la risposta dell’arrogante maestro che sdegnato afferma: «Vedo che Lei non ha perso l’abitudine d’insultare i suoi superiori!».
Ma questo è solo uno dei tanti, tantissimi casi di censura che hanno riguardato teatro e cinema italiani. Oggi, certo, non esiste più la censura cinematografica; esiste, tuttavia, l’autocensura perbenista di molti autori.
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© Gianluca Sposito