C’è un attore che si è ritirato dalle scene 7 anni fa, a 60 anni, dopo soli 21 film ma ben 3 Oscar come miglior attore protagonista (l’unico! Nel 1990, nel 2008 e nel 2013).
Nel novembre 2012 “Time” gli dedicava la copertina (con l’inequivocabile titolo “The World’s Greatest Actor”) e la volata a quella che sarebbe stata la sua terza statuetta (per “Lincoln” di Steven Spielberg).
Un attore britannico, con cittadinanza irlandese, che ha iniziato a teatro, per poi abbandonarlo con un episodio che pochi forse conoscono: dopo mesi mesi di estenuanti prove e poi repliche nel ruolo del protagonista di “Amleto” di William Shakespeare (per la regia di Richard Eyre), una sera del 1989 abbandonò improvvisamente il prestigioso Royal National Theater di Londra a metà della rappresentazione. Scappò letteralmente, non solo senza concluderla ma senza mai più salire su un palco teatrale.
Il cinema, quello americano, divenne la strada maestra.
Oggi conduce una vita conduce una vita tranquilla lontano dai riflettori nella contea di Wicklow, in Irlanda (la stampa americana lo definisce ‘solitario’), assieme alla famiglia (la moglie è niente meno che Rebecca Miller, figlia del più grande commediografo americano di sempre, Arthur Miller).
Un interessante documentario intitolato “I mille volti di Daniel Day-Lewis” (2022, disponibile su Sky Arte) fornisce un ritratto piuttosto ricco di questo attore noto per l’intensità drammatica dei suoi ruoli (“Il mio piede sinistro”, “Gangs of New York”, “Il petroliere”, “Lincoln”, “Il filo nascosto”).
Viscerale e intransigente, Daniel Day-Lewis si è sempre espresso al suo massimo in ciascuna delle (poche) pellicole a cui ha partecipato, dando prova di possedere una straordinaria etica del lavoro.
Ma la dedizione nei confronti del suo mestiere era un modo per fuggire da un’eredità familiare diventata troppo pesante da sopportare…
Da vedere.
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© Gianluca Sposito