Il pregiudizio ha tenuto in piedi processi e rovinato vite. Anche nel mondo dello spettacolo.

Ai giovani il suo nome, Lelio Luttazzi, forse dice poco. Ma nel 1970 Lelio Luttazzi (1923-2010) – musicista e uomo di spettacolo – è l’Amadeus, il Fiorello, il Pippo Baudo degli anni ‘60. Un tutt’uno carico di fama che sparisce di colpo, dalla sera alla mattina, quando la sua faccia qualunque da impiegato qualunque viene sbattuta su tutte le prime pagine sotto titoloni che strillano: “Arrestati Chiari e Luttazzi: droga”.

Per la telefonata di uno spacciatore, non a lui diretta ma intercettata e male interpretata, senza alcun altro riscontro, il 20 maggio 1970 il Maestro Luttazzi si ritrova i finanzieri nella sua bella casa vicino alla Fontana di Trevi, prelevato e sbattuto nel carcere di Regina Coeli, in cella d’isolamento, senza la minima idea di cosa sia successo, senza possibilità di comunicare con l’esterno e neanche con l’avvocato per quindici giorni (la procedura penale di allora era ancora più perversa di quella attuale, ove mai possibile). 

Però, nel frattempo, i giornali abboccano all’amo piuttosto ghiotto, e si scatenano, con titoli e pezzi che, visti oggi, appaiono raccapriccianti.

Luttazzi ne uscirà completamente prosciolto, ma distrutto. In quei 27 giorni di detenzione si difende dalla follia scrivendo il suo unico romanzo: “Operazione Montecristo”. L’opera ispirerà ad Alberto Sordi il film “Detenuto in attesa di giudizio” (1971).

Non solo. Nel 1972 Luttazzi decide di girare il film “L’illazione”, sperando che possa essere mandato in onda dalla Rai, per riaprire il dibattito sulla sua vicenda. Ma la Rai rifiuta, per poi restaurarlo e mandarlo in onda solo nel 2011 (e su Rai 5…), un anno dopo la sua morte.

Cerchiamo sempre di ricordare questo portatore sano di smoking e di fascino. E che le ingiustizie riguardano tutti, anche chi non le ha ancora subite.

“L’illazione” (di Lelio Luttazzi, 1972)

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“Prima di giudicare. Stereotipi e pregiudizi in dieci grandi processi” di Gianluca Sposito, Intra, 2020

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