Forse non tutti hanno colto l’enormità della vicenda giudiziaria del caso Avetrana-Disney. Proviamoci.  

Il Tribunale di Taranto ha sospeso la messa in onda delle miniserie sul delitto, che doveva essere già da ieri sulla piattaforma Disney+. All’origine del ricorso d’urgenza c’è il timore che la fiction possa alimentare i pregiudizi nei confronti di un’intera comunità. Da qui la richiesta del comune di poter visionare in anteprima la serie e la pretesa di una rettifica del titolo, mediante l’eliminazione del nome della cittadina (“Avetrana – Qui non è Hollywood”).

Quindi, nessuno (tranne, ovviamente, in Disney) aveva ancora visto la serie. Ma molti sono preoccupati che possa danneggiare la comunità, già solo per il titolo. E la magistratura accoglie la prima richiesta di sospensione e valuterà se concedere altro (ad esempio, proprio la modifica del titolo).

Per anni Avetrana e la sua comunità hanno dovuto effettivamente sopportare il sacrosanto esercizio del diritto di cronaca nei confronti di quello che è avvenuto lì ed è divenuto, inevitabilmente, il “delitto di Avetrana”. Generando, certo, anche un intollerabile turismo dell’orrore.

Ora, però, c’è un titolo che, a distanza di anni, dà fastidio (più di tutto il resto?). Un titolo di fronte al quale si interviene: perché – si chiedono – ricordare a tutti, ancora una volta, un luogo? Perché associarlo ancora solo a quel fatto? Perché far pensare, agli spettatori, che ad Avetrana ci siano solo assassini, omertosi o simili?

Allora cosa avrebbero dovuto fare a Milano, Roma e Napoli con i tanti film che, soprattutto negli anni ’70, hanno visto il nome della città associato, già nel titolo, alle peggiori situazioni? Ricordiamone qualcuno: “Milano calibro 9” (1971), “Milano trema: la polizia vuole giustizia” (1973), “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974), “Roma, l’altra faccia della violenza” (1976), “Napoli violenta” (1976), “Napoli spara!” (1977). E, allargando lo sguardo geografico, “Genova a mano armata” (1976) e “Torino violenta” (1977).

Poi bisognerebbe parlare, in verità, anche di altri film e serie, che tendono a descrivere intere, e ben più grandi, comunità in modo talvolta univoco e non certo benevolo (pensiamo, su tutte, a serie come “Gomorra”, “Suburra” e simili).

Se questo è il presente, ora proviamo ad immaginare il futuro: via qualunque riferimento geografico! Imponiamo per legge agli scrittori e agli sceneggiatori di farne a meno! Imponiamo loro di astenersi dalle localizzazioni! Del resto, c’è anche una soluzione (ma vanno comunque pagati dei diritti): “Gotham City”.

Suggerimento, invece, al Sindaco di Avetrana: se il giudice non cambia titolo alla fiction, cambiate nome al Paese.


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© Gianluca Sposito