“Civil War” di Alex Garland, uscito nelle sale italiane lo scorso aprile, è ora su Amazon Prime Video. E vale la pena guardarlo.
È ambientato in un non meglio definito futuro prossimo, quando una guerra civile impazza per gli Stati Uniti. Ne è protagonista un gruppo giornalisti e fotogiornalisti (capeggiati da Kirsten Dunst) uniti dallo stesso obiettivo di rischiare tutto per “l’ultima storia rimasta”, cioè arrivare a Washington per intervistare il presidente prima della sua ormai inevitabile resa a forze politico-militari interne, contrapposte al governo centrale.
Il film diventa, così, un road movie distopico-apocalittico – con azione, sangue e dramma – nell’esplorazione terrificante di un’America in rovine dove la democrazia sembra aver del tutto fallito.
Il film non fa espliciti riferimenti a situazioni politiche e personaggi: dal punto di vista puramente narrativo, inizia “in medias res”, cioè nel pieno svolgimento di una guerra civile la cui origine non è volutamente spiegata.
Al centro della scena c’è solo una polarizzazione che genera caos e brutalità: o di qua o di là. Ma non è assolutamente chiaro chi siano i buoni e, soprattutto, se ce ne siano.
Un’America devastata che presenta checkpoints, barriere e territori occupati ricordando ben altri scenari e continenti. Qui, però, non sono gli Americani impegnati nelle guerre nel mondo, ma gli Americani in un’incredibile guerra contro sé stessi.
Nonostante non ci siano funghi atomici e derivate, il film ricorda molto “The Day After” (1983), un film per la TV che sconvolse gli Americani mostrando la gravità del pericolo (atomico) proveniente anzitutto da nemici lontani e le sue conseguenze su un territorio mai toccato da una vera e propria guerra. Lo ricorda per la devastazione e per quella brutalità tipica del “tutti contro tutti”.
Eppure, questo film è inquietante non solo per gli Americani, perché descrive quello che non è solo uno scenario distopico e geograficamente lontano.
P.S. Chicca del cast, Jesse Plemons (marito, nella vita reale, della protagonista Kirsten Dunst) che – con uno straordinario paio d’occhiali più da red carpet che da milizie indipendentiste – interpreta il personaggio forse più spregevole del film.
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© Gianluca Sposito