C’è qualcosa di paradossale in questi tempi di iper-visione. Ogni settimana una nuova uscita da inseguire, un titolo “imperdibile”, una serie da finire prima che te la rovinino. Lo spoiler è diventato non più un errore, ma un vanto: una corsa a mostrare di essere arrivati prima, di sapere già tutto. E guai a restare indietro.

Eppure, più si fa affollata la lista delle “cose da vedere”, più sento il bisogno di fermarmi. Di andare contromano. Di riscoprire i titoli dimenticati, le opere lasciate indietro, le perle nascoste — anche solo di qualche anno fa — già avvolte da una patina di oblio.

È incredibile quanto in fretta dimentichiamo. Persino film o serie usciti pochi mesi fa sembrano già vecchi, superati, sorpassati da altro. Ma proprio in quel dimenticatoio si nasconde un tesoro. Rivedere, recuperare, scavare diventa un gesto controcorrente, quasi archeologico: come parlare dei Maya, o dell’Antico Egitto, a chi non ne ha mai sentito parlare.

E allora, sì, ci sarà sempre qualcuno che corre per finire una nuova serie in una notte. Ma c’è anche chi preferisce accendere una luce sul passato, rivedere qualcosa che non deve più dimostrare nulla, e riscoprire la bellezza con uno sguardo non stressato, non competitivo, non ansioso.

E, così, ogni visione recuperata sarà un piccolo, grande piacere. E una vera, grande manifestazione d’amore per il cinema.


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