«HPI» sta per alto potenziale intellettuale: è la parola magica che ossessiona i genitori parigini, pronti a sborsare centinaia di euro per i test del QI (Quoziente Intellettivo), nella speranza che vengano classificati come HPI e possano avere accesso a percorsi speciali.

La sigla viene usata per indicare gli adulti ma, ora, soprattutto i bambini che sarebbero più intelligenti, più dotati della media. Fino a diventare però ‘moda’, che si intreccia con l’altra preoccupazione – sempre più presente a Parigi – di garantire ai figli le migliori scuole, che siano pubbliche o private. E tante famiglie sono oramai ossessionate dal cercare e trovare ovunque segni dell’eccezionalità dei figli.

La cosa divertente è che, se anche non si avessero figli dotati di un alto quoziente intellettivo, c’è un altro modo per entrare nel club: suggerire che le eventuali difficoltà scolastiche o cognitive dipendano dal fatto che il ragazzino o la ragazzina sono comunque HPI. L’allievo è molto brillante? È sicuramente ad alto potenziale intellettivo. Non lo è? Anche lui è sicuramente ad alto potenziale intellettivo ma vittima del contesto che non riesce a valorizzarlo…

Straordinari (non i figli HPI, ma i genitori…). E non è un complimento.

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“L’ossessione HPI, in Francia: la smania dei genitori di definire «ad alto potenziale» i propri figli” di Stefano Montefiori, Corriere della Sera.


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