Gramellini sul Corriere della Sera ricorda che già Jung e molti altri intellettuali avevano detto che la cosa giusta da fare è proprio quella che ci fa più paura. No, non commenterò tecnicamente il monologo. Piuttosto mi chiedo: perché le donne dovrebbero aver bisogno di tutto questo?

Si sente proprio il bisogno che qualcuno vada su quel palco, ogni volta, a dire che le donne sono brave e capaci, che possono fare cose, che possono anche riuscirci, che non vanno picchiate, e simili?

Il problema è certamente solo mio: tutto questo, infatti, stona con la mia cultura e con il mio pensiero. Ritengo di aver già raggiunto un grado di civilizzazione talmente elevato da poter ritenere che la donna possa fare tutto quello che faccio io, che possa guadagnare quanto guadagno io, che la violenza non possa essere utilizzata mai con nessuno.

Per tutti gli altri, dunque, c’è la Ferragni. Per tutti gli altri c’è chi ricorda che le donne non si picchiano e tanto meno si ammazzano. Che le donne sono uguali, tra loro e agli altri essere umani. Che devono fare pace con le loro insicurezze. Che, così, possono magari diventare altre Ferragni.

Una volta c’era un programma televisivo che insegnava agli italiani del dopoguerra a leggere e a scrivere (“Non è mai troppo tardi”). Oggi c’è Sanremo, che arriva laddove la scuola e la famiglia, evidentemente, non riescono più ad arrivare.


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