Per quanto il protagonista della serie Rai, Giuseppe Battiston, ci tenga a negarlo in alcune interviste rilasciate, “Stucky” ricorda inequivocabilmente la serie del tenente “Colombo”. I due poliziotti portano il trench, fumano il sigaro e l’impianto narrativo è lo stesso: sappiamo subito chi è l’assassino, e si tratta di capire come si arriva a incolparlo.
La serie “Colombo” fece il suo esordio sulla televisione americana nel lontano 1968, e allora fu vera innovazione sul piano, appunto, narrativo. Sì, perché si rinunciava per la prima volta a quella che, fino ad allora, era stata la caratteristica di tutte le narrazioni di genere, e cioè arrivare a capire solo alla fine chi è il colpevole. Tuttavia, la serie apparve da subito assolutamente avvincente e ben costruita, capace di far apprezzare ancora di più l’attività investigativa svolta, ed il suo indimenticato protagonista.
Ricordiamo, pure, che Steven Spielberg, agli esordi della sua carriera, ha diretto nel 1971 “Un giallo da manuale” (Murder by the Book), di fatto il primo vero episodio della prima stagione (dopo due “episodi pilota”) di una serie longeva e fortunata, arrivata fino al 2003 (35 anni!).
“Stucky”, serie diretta da Valerio Attanasio e tratta dai romanzi di Fulvio Ervas, arriva decenni dopo “Colombo” e qualche somiglianza può anche essere naturale vederla (perché oggettiva) ma senza che ciò rappresenti comunque un difetto, anzi. Perché, a mio avviso, è una serie interessante proprio per la tipologia di narrazione (va bene: non innovativa ma comunque efficacemente svolta) e per la sua qualità complessiva (su tutto regia, ambientazione e protagonista).
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© Gianluca Sposito