Mentre il mondo del cinema attende con curiosità di conoscere il nome del prossimo 007, vale la pena fermarsi un attimo e chiedersi: chi è stato il miglior James Bond del grande schermo? Ma, soprattutto: chi è stato il più vicino al Bond immaginato da Ian Fleming?

🖋️ Ian Fleming (1908–1964), creatore del personaggio, pubblicò i romanzi tra il 1953 e il 1966 (gli ultimi postumi). Il suo James Bond era tutt’altro che glamour: un uomo freddo, spietato, un vero “blunt instrument” – strumento contundente – nelle mani del governo britannico.

Fleming lo definiva addirittura “estremamente noioso e poco interessante, a cui accadono cose straordinarie”: un agente efficace, senza eroismi, senza sentimentalismi, costruito per sopravvivere e colpire. Fisicamente: occhi grigio-azzurri, una cicatrice sulla guancia destra, sguardo duro. Emotivamente: distaccato, cinico, moralmente ambiguo, in particolare nel rapporto con le donne. Il fascino c’era, certo, ma era più un effetto collaterale che una qualità centrale.

🎬 E sullo schermo? Com’è andata davvero?

• Sean Connery (6 film, 1962–1967 + 1 nel 1971) è stato il primo e, per molti, resta l’icona assoluta. Ha creato il modello del Bond cinematografico, fondendo carisma, durezza e ironia. Ma ha anche introdotto un certo charme distante dal personaggio dei libri.

• George Lazenby (1 film, 1969) è stato una meteora: il suo unico Bond, “Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà”, è oggi considerato uno dei migliori della saga per intensità emotiva e fedeltà ai romanzi. Lazenby, pur inesperto, portò un Bond più vulnerabile e innamorato. Criticato all’epoca, è stato rivalutato negli anni. Un’occasione persa? Forse sì.

• Roger Moore (7 film, 1973–1985) ha portato Bond verso territori più leggeri, sofisticati e umoristici. Una scelta che ha conquistato il pubblico dell’epoca, ma che lo ha reso molto lontano dal Bond di Fleming.

• Timothy Dalton (2 film, 1987–1989) ha provato a invertire la rotta: serio, introverso, più fedele ai romanzi. La sua interpretazione ha guadagnato rispetto nel tempo, anche se all’epoca non ricevette il successo sperato.

• Pierce Brosnan (4 film, 1995–2002) ha incarnato un Bond elegante, spettacolare, con scene d’azione mozzafiato e gadget a profusione. Ma spesso è stato troppo liscio, troppo perfetto per restituire le crepe del personaggio originario.

E poi è arrivato Daniel Craig (5 film, 2006–2021). Con “Casino Royale”, Bond ha cambiato pelle. Il glamour lascia spazio alla ferocia, alla fatica, alla ferita. Craig ci ha restituito un Bond brutale, vulnerabile, emotivamente complesso, capace di soffrire, di dubitare, di crollare.

Un Bond vicino, finalmente, a quello scritto da Fleming. I critici – “The Guardian” in testa – hanno parlato di “ritorno alle radici letterarie”, lodando Craig per aver saputo umanizzare senza addolcire, rendendo il personaggio più credibile, moderno e tragicamente umano.

Però devo confessarvi una cosa: a me piaceva Roger Moore.

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