
Ieri sera Rai 3 ha trasmesso il film “Il nome della rosa” (1986). Diretto da Jean-Jacques Annaud, fu la prima trasposizione sul grande schermo a tentare di trasportare lo spettatore nel cuore oscuro del Medioevo di Eco. Tratto dall’omonimo romanzo del 1980, il film racconta l’indagine di Guglielmo da Baskerville e del giovane Adso da Melk sulla scia di una serie di misteriosi omicidi in un’abbazia benedettina, dove ogni elemento sembra intriso di segreti e simbolismi. L’interpretazione magistrale di Sean Connery nel ruolo di Guglielmo conferisce al personaggio un’intelligenza sottile e un’ironia affascinante, mentre Christian Slater, nei panni di Adso, cattura l’innocenza e la crescita del novizio che osserva il mondo con occhi nuovi (sebbene mantenga la stessa espressione per l’intero film… ma aveva solo 15 anni, all’epoca).
La versione cinematografica, pur mantenendo il nucleo della trama, semplifica molte delle complessità filosofiche e teologiche del romanzo di Eco. Il libro è un labirinto di riferimenti colti, dove la semiotica, la scolastica medievale e la riflessione sulla verità e sull’interpretazione giocano un ruolo cruciale. Annaud, consapevole dei limiti del medium cinematografico, sceglie di concentrarsi sull’aspetto più immediatamente visivo e narrativo, dando vita a un thriller storico viscerale e immersivo. Il celebre scriptorium, con i suoi tomi antichi e polverosi, e la biblioteca-labirinto, un’icona nel film, incarnano la suggestione del sapere proibito, anche se forse perdono parte della profondità simbolica che Eco aveva intessuto nella sua scrittura.
Lo scrittore collaborò attivamente al progetto, offrendo input durante la fase di sceneggiatura e consentendo la trasformazione della sua complessa architettura narrativa in un racconto accessibile al grande pubblico. La scelta di ridimensionare il peso dei dibattiti teologici e delle riflessioni filosofiche riflette una volontà di rendere il film più universale, puntando su atmosfere cupe, giochi di luci e ombre e una tensione narrativa avvincente. Tuttavia, alcuni elementi, come il personaggio della ragazza senza nome, sono trattati in modo differente, con un’attenzione maggiore alla componente sensuale e viscerale nel film rispetto alla dimensione simbolica del romanzo.
La colonna sonora di James Horner amplifica il senso di mistero e inquietudine che pervade l’abbazia, mentre la ricostruzione storica dettagliata, con l’uso sapiente di costumi e scenografie, trasporta lo spettatore in un Medioevo vivido e tangibile.
Dove fu girato?
Il film fu girato in diverse location tra Italia e Germania. Gli interni del monastero sono stati ricreati principalmente nell’Abbazia cistercense di Eberbach, situata a Eltville sul Reno, in Assia, Germania. Questo monastero, con la sua architettura romanica e gotica, ha fornito l’ambientazione ideale per le riprese, in particolare per la sala del Capitolo, riconoscibile dalle volte a stella, e il dormitorio. Per gli esterni, la produzione ha costruito un set monumentale su una collina nei pressi di Roma, ispirandosi alla Sacra di San Michele, un’abbazia situata in Piemonte che ha influenzato Eco nella stesura del romanzo. Tuttavia, nessuna scena è stata girata direttamente alla Sacra di San Michele. Inoltre, alcune sequenze sono state filmate in Italia, tra cui un sentiero vicino al Castello di Rocca Calascio, in Abruzzo, utilizzato per rappresentare il viaggio di Guglielmo e Adso verso l’abbazia.
Qualche curiosità
Il film aveva un budget iniziale di ben 18 milioni di dollari, tuttavia incassò solo 7,2 milioni di dollari negli Stati Uniti, mentre in Europa ebbe un successo straordinario, raggiungendo un incasso totale di circa 77 milioni di dollari.
Il ruolo di Salvatore, interpretato da Ron Perlman, era stato inizialmente proposto a Franco Franchi, che rifiutò dopo aver appreso che avrebbe dovuto subire una “tonsura” dei capelli.
Sean Connery non era la prima scelta per il ruolo di Guglielmo da Baskerville; altri attori come Michael Caine e Jack Nicholson furono considerati prima di lui.
Il film ha detenuto il record d’ascolto su Rai 1 con 14.672.000 telespettatori per ben 13 anni dal suo primo passaggio nel 1988 fino al 2001, quando fu superato da “La vita è bella” di Roberto Benigni.
La serie TV
Insomma, si tratta di un film che conquistò il pubblico con il suo fascino cinematografico unico, diventando un cult e aprendo la strada a nuove riflessioni sull’adattamento di opere letterarie complesse. La successiva miniserie del 2019 (diretta da Giacomo Battiato, con John Turturro nel ruolo di Guglielmo da Baskerville e Rupert Everett in quello dell’inquisitore Bernardo Gui) secondo molti è un adattamento più completo e fedele al romanzo originale, esplorando in profondità le sfaccettature narrative e filosofiche concepite da Umberto Eco.
E voi cosa ne pensate?
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Testo di © Gianluca Sposito. Tutti i diritti riservati.
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